Le patologie dismetaboliche del fegato sono in aumento. Un dato preoccupante, visto che queste patologie generano complicazioni fino al tumore primitivo del fegato e alla cirrosi, coinvolgendo anche altri organi e apparati. Questi spunti sono al centro del convegno “Le nuove sfide in epatologia. Emerging topics in liver disease 2023”, organizzato da Strategie Provider Pescara, il 15 dicembre presso l’Aula Magna Agazio Menniti, Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini, con responsabile scientifico il Dott. Adriano Pellicelli, Direttore UOC Mal Fegato. Specialista in Medicina Interna e Malattie Infettive presso la medesima struttura.
PEGGIORAMENTO DEGLI STILI DI VITA E SCARSA PREVENZIONE: LE PATOLOGIE EPATICHE IN AUMENTO – La malattia dismetabolica del fegato si lega a fattori di rischio come l’obesità, una scorretta alimentazione, patologie come il diabete, alterazioni dei valori di trigliceridi o di colesterolo, e in numerosi casi è legata a predisposizioni genetiche. Questi fattori possono determinare una steatosi epatica e successivamente una steatoepatite, ossia una steatosi associata a un’infiammazione del fegato persistente dovuta a un accumulo di grasso nel fegato, che può poi portare a una cirrosi epatica.
“Le cause virali rappresentano ancora il 30-35%, ma si sono ridotte negli ultimi anni grazie ai farmaci innovativi che hanno permesso di eradicare i virus, in particolare quello dell’Epatite C – sottolinea Adriano Pellicelli –. Nel nostro centro presso l’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini, nell’ultimo anno e mezzo abbiamo realizzato circa 200 biopsie del fegato: di queste il 30% presentava una steatoepatite, quindi una steatosi epatica con infiammazione del fegato. Il dato a livello nazionale rileva che il 25% circa della popolazione tra i 18 e i 70, quindi circa un quarto della popolazione, soffre di steatosi epatica, ossia di fegato grasso. Tra questi, circa il 5% può andare incontro a steatoepatite che può poi evolvere in cirrosi. Serve quindi maggiore prevenzione: i pazienti con steatosi epatica devono fare controlli biochimici frequenti; se da questi risulta un aumento delle transaminasi, bisogna porre in atto un trattamento preventivo per la fibrosi del fegato riducendo il peso corporeo tramite dietoterapia e soprattutto con l’attività fisica”.
TUMORI DEL FEGATO IN AUMENTANO, COLPITO IL 10% DEI PAZIENTI CON STEATOEPATITE – L’altra importante novità in tema di epatologia riguarda il tumore primitivo del fegato: sono in aumento i dati relativi al numero di epatocarcinomi, ma sono disponibili anche nuovi trattamenti. “Il numero degli epatocarcinomi in Italia è in aumento – sottolinea Adriano Pellicelli – Il 5% dei pazienti con steatoepatite rischia in 10-20 anni di incorrere in tumore del fegato, con un’incidenza annuale di 11 casi su mille individui con steatoepatite. Questa è l’inevitabile conseguenza della mancanza di monitoraggio sul territorio e dell’incremento dei pazienti con steatoepatite, nei quali si sviluppa il tumore, che viene riscontrato a volte solo tardivamente. In parallelo a questa crescita, si stanno sviluppando nuove terapie sistemiche, che permettono di trattare i pazienti con tumore in stadio più avanzato. Negli ultimi 2-3 anni, in particolare, il progresso scientifico mediante l’immunoterapia combinata con farmaci come gli inibitori della tirosinchinasi, ha consentito un prolungamento della sopravvivenza di alcuni pazienti con tumore del fegato, permettendo talvolta addirittura il passaggio da una forma non trattabile a una trattabile chirurgicamente o mediante trapianto”.
OSPITI INTERNAZIONALI E UN’ANALISI DEL FEGATO A 360° – L’iniziativa del San Camillo Forlanini si propone di affrontare le tematiche epatologiche da ogni punto di vista. Presenti decine di specialisti tra internisti, gastroenterologi, infettivologi e oncologi provenienti da diverse realtà italiane e anche dall’estero, come il Prof. Massimo Pinzani del Royal Free Hospital di Londra che affronterà il tema della steatoepatite. Vi è posta attenzione anche all’aspetto diagnostico delle patologie del fegato, che con nuovi software applicati alla risonanza magnetica permette approcci innovativi in grado anche di quantificare il livello di grasso contenuto nel fegato e di avere un’idea del grado di fibrosi, mentre l’elastografia fibroscan permette indagini facilmente ripetibili per quantificare la fibrosi del fegato.
FONTE: Studio Diessecom (Salvo Cagnazzo).