ROMA – Sono 18 le Regioni/Province Autonome che hanno avviato il programma di Screening Neonatale Esteso (SNE), mentre in tre Regioni (Abruzzo, Basilicata e Calabria) il sistema SNE è ancora in fase di attivazione. Quattordici i laboratori dotati di “spettrometria di massa tandem” e 15 quelli che fanno anche il test di conferma diagnostica. Il report è stato illustrato nel corso del Convegno che si è tenuto oggi all’Istituto Superiore di Sanità “Screening neonatale esteso”. Secondo il rapporto i Centri clinici per le malattie metaboliche ereditarie (MME) oggetto dello SNE operanti in Italia sono 29, tutti afferenti alla Rete nazionale delle malattie rare. Sono questi alcuni dei risultati del primo Report di monitoraggio sullo stato di attuazione della Legge 167/2016 e del DM 13 ottobre 2016 sullo Screening Neonatale Esteso in Italia. Il documento, elaborato a distanza di un anno circa dall’entrata in vigore della normativa, dal Centro di Coordinamento sugli Screening Neonatali (CCSN) operativo presso l’ISS, in collaborazione con il Centro Nazionale Malattie Rare e le Regioni/PA, descrive lo stato dell’arte dei singoli programmi regionali SNE al 30 giugno 2017.
“L’Italia si pone all’avanguardia nel settore dello screening neonatale – dichiara Angelo Lino Del Favero, Direttore dell’Istituto Superiore di Sanità – La Legge 167/2016, infatti, richiede un’operazione di organizzazione e di raccordo dei centri clinici sul territorio che è ormai pienamente in corso. La metà delle Regioni ha una copertura totale delle patologie oggetto di screening e in tutte le altre si stanno definendo i vari livelli del sistema. Tutte comunque sono al lavoro per l’applicazione della Legge”.
La Legge ha posto l’obiettivo di effettuare lo screening a tutti i nati per un numero significativo di malattie metaboliche ereditarie e detta tempi di risposta che devono essere rapidi in modo da consentire, grazie a diagnosi tempestive, di attuare precocemente, ove possibile, terapie in grado di influire favorevolmente sulla storia naturale della malattia.
Il Report, tuttavia, evidenzia anche le carenze da sanare: solo otto Regioni (38%) hanno individuato il Centro di Coordinamento Screening. Inoltre, la copertura nazionale della popolazione neonatale non raggiunge ancora il 100%.
“Questa Legge rappresenta una delle norme più avanzate in materia di sanità pubblica -dichiara Domenica Taruscio, Direttore del Centro Nazionale Malattie Rare – I risultati di questo primo report mostrano la volontà delle Regioni di realizzare i suoi obiettivi. Tuttavia, è necessario rafforzare ulteriori sinergie soprattutto in direzione della cooperazione sul territorio in modo che la Legge trovi l’applicazione più estesa e più capillare possibile. In questo è fondamentale il supporto e la collaborazione di tutti: dalle Istituzioni centrali alle Regioni, ai centri clinici, alle associazioni di pazienti e famiglie fino alle società scientifiche, soprattutto per garantire ai nuovi nati l’equità nell’accesso allo screening”.
Lo screening neonatale
Lo screening neonatale è un programma complesso, integrato e multidisciplinare di prevenzione sanitaria secondaria. Lo scopo è quello di identificare, su tutta la popolazione neonatale, i soggetti che presentano alterazioni biochimiche indicative di determinate malattie, procedere all’accertamento diagnostico e, in caso di diagnosi confermata, avviare il paziente al trattamento specifico per la malattia da cui è affetto e assicurargli il successivo follow-up. In Italia, lo screening neonatale rivolto a tutti i nati, include la fenilchetonuria, l’ipotiroidismo congenito e la fibrosi cistica. Lo screening neonatale per queste tre patologie è diventato obbligatorio per tutti i nati sul territorio nazionale con la legge n. 104 del 5 febbraio 1992 e successivi regolamenti attuativi.
Fonte: Ufficio Stampa Istituto Superiore di Sanità.